La
mia tesi è che per sviluppare il turismo dobbiamo puntare di più sulla cultura
italiana dell’accoglienza, su qualcosa cioè che ci rende unici, e che i nostri
concorrenti non hanno.
Questa
tesi è opposta a quella di chi sta nel turismo replicando, più o meno bene, quello
che vede fare all’estero, un atteggiamento tanto provinciale quanto
maggioritario.
Penso
che sino ad oggi non si sia riflettuto a sufficienza sul fatto che solo
puntando sulla nostra cultura del turismo si possa garantire uno sviluppo
sostenibile, perché il primo impatto negativo nei territori avviene quando
viene importato acriticamente un modello di sviluppo che non appartiene alla
cultura locale.
Dobbiamo
puntare di più sulla nostra cultura, dunque, e dobbiamo manifestare questa
scelta anche usando il più possibile la nostra lingua, l’italiano.
Questa
scelta intende da un lato mostrare le nostre specificità che non emergono se
utilizziamo espressioni standard, e dall’altro lato intende stimolare gli
operatori a ripensare al loro modo di porsi nel turismo e nell’ospitalità,
evitando l’omologazione che li rende più facilmente sostituibili e – in ultima
analisi - più schiavi del fattore
prezzo.
Ci
sono parole infatti che se tradotte perdono una parte del loro significato, e
soprattutto perdono le radici, e tolgono valore e unicità a quanto si vuole
comunicare e proporre.
E’
una scelta che ho sperimentato molti anni fa con l’idea dell’”albergo diffuso”,
comunicata inibendo ogni tentativo di traduzione.
In
un mercato superaffollato di termini standard globali, la scelta dell’Albergo Diffuso
di comunicarsi in italiano è stata vincente, e ha dimostrato, ancora una volta,
quanto la nostra lingua sia amata, e quanto sia in grado di comunicare “da sola”
una proposta e una atmosfera particolare, legata al nostro paese e al nostro stile
di vita.
Per
questo, da diverso tempo chiedo agli albergatori, anche a quelli che hanno “hotel
verticali” che partecipano ai miei seminari, di fare altrettanto. Ed è dunque
con piacere che vedo che sono sempre di più le strutture ricettive che hanno
deciso di non utilizzare il termine “hotel” nella loro comunicazione e di
puntare sul termine “albergo”, una parola italiana che comunica immediatamente
una proposta di ospitalità con le radici nella nostra cultura.
Segnalo
con grande soddisfazione che anche uno degli alberghi italiani più belli e prestigiosi
– ed al quale sono particolarmente affezionato - ha deciso di sottolinare questa
scelta mettendo la parola albergo nella propria insegna: il Villa Cimbrone di
Ravello!
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